Ulisse era un fico

Luciano De Crescenzo
«Perché leggere l'Odissea?» potrebbero chiedersi i ragazzi di oggi. Perché perdere tempo con la mitologia che racconta storie di migliaia di anni fa quando adesso abbiamo a disposizione i videogiochi, la televisione e i film in 3D? Perché, parola di Luciano De Crescenzo, le storie degli eroi e degli dèi dell'Olimpo sono piene di colpi di scena,  di amori, tradimenti, viaggi da sogno e vendette alla Rambo. Perché la mitologia è «la capostipite di tutte le telenovelas, la madre di tutti i romanzi d'avventura, il prototipo di tutti i serial». Perché Ulisse era, più di tanti vip del nostro tempo, un vero "fico". Dopo Socrate e compagnia bella, De Crescenzo  dedica al nipote e a tutte le nuove generazioni questo atto d'amore per Ulisse e tutti i miti greci, nella speranza, pagina dopo pagina, di trasmettere, come un  contagio, la sua passione: «In mezzo a dèi ed eroi ritroverai pregi e difetti di noi umani, e ti sorprenderai che storie raccontate migliaia di anni  fa abbiano così tanti punti in comune con la tua vita di ogni giorno».
E Luciano scrivendo al nipote Michelangelo, come un nonno che lo porta per mano al parco dove è solito giocare, gli racconta dei miti degli Dei, da Narciso a Zeus, passando per Orfeo, Dioniso e altri, per poi narrare di eroi con la consueta leggerezza e   al tempo stesso esauriente asciuttezza narrativa citando Teseo e ovviamente il Pelide Achile. Ma il finale è tutto dedicato al mito dell’eroe omerico che dà anche il titolo al libretto che si legge d’un fiato toccando i vertici appunto nel finale dove si racconta, a modo sempre dell’autore, del travagliato ritorno a casa dell’eroe dopo aver distrutto con astuzia Troia. Le sue tribolazioni al pari del trionfo finale e del toccante incontro con la sua Penelope sanno ancora, anche per merito di Lucianone nostro, strappare la lacrimuccia che bagna questa carta dove è scritta una storia senza tempo. Grazie Luciano ti voglio bene per quanto hai saputo destare la nostra attenzione nei tuoi scritti.

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