Twilight
-Così il leone si innamorò
dell’agnello-
-Che agnello stupido!-
-Che leone pazzo, e masochista!-
Si suggella con queste parole il
momento più carismatico del libro Twilight,
efficacemente reso anche nella sua trasposizione cinematografica che ha fatto
impazzire ragazzine di tutto il mondo.
Edward Cullen è il predatore, o
meglio il vampiro. Isabella Swan la potenziale vittima, l’umana. Mentre si
scambiano queste parole sono caduti tutti i muri che rappresentano i segreti
dei rispettivi mondi. Sono consapevoli di essere leone e agnello, e che nessuna
logica naturale o di convenienza dovrebbe permettere loro di amarsi. Non è un
caso che le pronuncino mentre si guardano negli occhi, rivolti gli uni verso
gli altri, intimamente uniti solo dalle mani nelle mani; lontani da tutti, dopo
essersi denudati di qualcosa di ben più profondo dei propri corpi. Le debolezze
e le inclinazioni della propria anima, gli istinti e la natura della propria
essenza.
E’ Bella il narratore e la
focalizzazione interna del romanzo, e il suo amore impossibile per Edward: lei
che sta vivendo il suo diciassettesimo anno, lui eternamente diciassettenne fin
dal 1918.
Di storie d’amore impossibili e
romanzi adolescenziali la letteratura è già abbondantemente sazia, né di
avventure vampiresche si sentiva la mancanza. Nonostante questo Twilight
riesce ad essere un lavoro originale e di piacevole lettura, soprattutto
se lettori e lettrici vi si avvicineranno sgomberi di pregiudizi o aspettative.
Le signore in cerca di un Harmony avranno
modo di gustare alcuni momenti di lentezza esasperante sgocciolante di miele,
ma rimarrebbero deluse se la loro ricerca vertesse esclusivamente a quello.
Allo stesso tempo, chi aspira ad intellettualismo e psicologia verrà
solleticato da alcune analogie con l’umanità e le debolezze del Dracula di Bram
Stoker, ma sarebbe pretestuoso pensare di imbattersi in uno sforzo di
profondità lontanamente paragonabile. Chi poi dovesse sfogliare le pagine alla
ricerca del fantasy o di emuli di Stephen King, sarebbe sulla buona strada
quanto un assetato di villeggiatura al mare diretto nell’Oltrepò Pavese.
C’è un po’ di tutto questo nel
libro di Stephanie Meyer, ma c’è soprattutto un aspetto che è invece spesso
assente nei romanzi che descrivono le inquietudini dei giovani adolescenti ed i
loro amori: ovvero il riscatto. Il quale viene ottenuto attraverso la migliore
e più auspicabile delle qualità umane (non solo umane in questo caso), ovvero
la propensione verso il prossimo, il rifiuto dell’egoismo. La nobiltà del
sentimento che unisce i due protagonisti è soprattutto legata a questo
passaggio fondamentale. I due corpi non si possono unire nel massimo gesto
d’amore perché Edward non potrebbe resistere alla propria natura (e la
componente erotica è in effetti pressoché assente nella trama). Ma il rammarico
non è nemmeno lontanamente paragonabile alla paura dei due giovani di poter
costituire un ostacolo al futuro della vita dell’altro. Se uno teme di poter
mangiare l’altra, e non accetta di trasformarla in sua simile anche se probabilmente
sarebbe l’unica strada percorribile per potersi amare per sempre, così l’altra
teme di essere mangiata non per la propria vita, ma perché rovinerebbe tutti
gli sforzi dei Cullen, capaci nei secoli di convivere con il resto degli uomini
e cibarsi solo di animali, resistendo alla sete per volersi elevare oltre
quella natura mostruosa alla quale non hanno scelto di appartenere. Anche in
questo si legge il riscatto, nella capacità, pur intrisa di difficoltà ed
inevitabili delusioni, della convivenza tra specie tanto diverse e
all’apparenza inconciliabili.
Apprezzabile nel romanzo anche
l’assenza dei tanti stereotipi americani come la ricerca dell’apparenza, le
opportunità e le tentazioni delle grandi metropoli, il sesso, la retorica
nazionalista o antinazionalista.
Se poi da ultimo si considera l’assenza
di pulsioni autodistruttive o di inettitudine di protagonisti e comprimari ad
affrontare i piccoli problemi della quotidianità, così come i grandi temi
dell’esistenza, non sarà poi così uno sforzo pensare di consigliare questa
lettura leggera ai nostri figli. Un pizzico di sano idealismo, romanticismo e fantasia, può solo fare bene.
Più difficile, all’apparenza,
sembra poter trovare buone ragioni per accostarsi alla lettura dei capitoli
successivi al romanzo originale (ad oggi la Meyer ha già pubblicato ulteriori quattro romanzi).
Ma questa è un’altra storia. E quanto a chi ha scritto questa recensione, e che
ha tentato di fare da spettatore al film ispirato al secondo romanzo (New Moon) e al terzo (Eclipse), ricavandone solo gran noia e
non riuscendo a terminarne le visioni, è uno sforzo che non ha nessuna
intenzione di compiere.
guest post
by
Masonmerton
gran bel pezzo "figliol prodigo"
RispondiEliminaqualcuno si offra come vitello grasso
un suggerimento??
il gobbetto trentino
;-))
mai avrei pensato che potesse essere un libro che il buon Mason leggesse ...
RispondiEliminaP.S. nelle Marche i vitelli grassi sono migliori ... anche se in questo caso sarebbe più giusto parlare di buoi ... :D
in effetti la nostra "marchigiana" rivaleggia da sempre con la "chianina"
RispondiEliminain questo non hai torto .. quanto a grasso invece ..
ehehehe
del buon bestiame su cinemaestri
RispondiEliminanow!!!
non metto in dubbio che nelle marche le vacche non manchino ... mi pare che la Rizzo sia dalle tue parti ...
RispondiEliminagran ritorno del Mason.
RispondiEliminaper la serie: quando la recensione è superiore al libro.
una certa letteratura nera non mi dispiace affatto, ma i vampirominkia forse sono troppo anche per me
grande LOC :D
RispondiElimina