Cielo di sabbia. di J.R. Lansdale
"Già quel vento bastava a gettare a terra un uomo adulto, ma niente era peggio della polvere. Quando era rossa capivo che arrivava dall’Oklahoma, dove stavamo anche noi. Ma se era bianca significava che un pezzo di Texas ci stava cadendo sulla testa, e se le folate erano più scure giungevano con buona probabilità dal Kansas o dal Nebraska.
Secondo la mamma bastava guardarle bene, quelle tempeste di sabbia, per scorgerci il volto del diavolo. Io non ci giurerei, su questa faccenda del diavolo e compagnia bella, ma so per certo che la sabbia, a volte, sembrava assumere forme vere e proprie; tanto da farmi credere che un volto, là dentro, ci fosse davvero. Un volto malvagio e furibondo, che aveva tutte le intenzioni di spazzarci via."
«Uscii in retromarcia dalla rimessa e mi avviai traballante sulla sabbia. Le gomme non facevano bene contatto, e fui costretto a rallentare. Poi prendemmo il via. Era come cavalcare sulle onde dell’oceano. Andavamo lenti, ma andavamo.
Non intendo raccontare storie. Furto o no, era una bella sensazione ritrovarsi al volante di una Ford V8, il piede sull’acceleratore e la consapevolezza di lasciarsi alle spalle tutti quei morti e quella sabbia per andare incontro a non so quale speranza. Proprio non sapevo dove stavo andando, ma una cosa la sapevo per certo.
Dovunque stessi andando, su quella Ford rubata, è sicuro che intendevo arrivarci alla svelta».
Non intendo raccontare storie. Furto o no, era una bella sensazione ritrovarsi al volante di una Ford V8, il piede sull’acceleratore e la consapevolezza di lasciarsi alle spalle tutti quei morti e quella sabbia per andare incontro a non so quale speranza. Proprio non sapevo dove stavo andando, ma una cosa la sapevo per certo.
Dovunque stessi andando, su quella Ford rubata, è sicuro che intendevo arrivarci alla svelta».
Stavolta niente tornado, il romanzo si apre con una tempesta di polvere ed a seguire invasioni di cavallette, questa volta siamo in Oklahoma e non nel Texas orientale, tanto caro all’autore, ma non temete non mancherà, anzi sarà la meta di questo viaggio in cui sono costretti tre ragazzini negli anni ’30: Jack, Jane e Tony, tre orfani vittime della tempesta che si è abbattuto sulle loro case e le loro famiglie. Sono tre sopravvissuti che diventeranno adulti in un baleno, conoscendo velocemente tutto il bene ed il male che contraddistingue l’essere umano.
In questo romanzo ho ritrovato il Lansdale che preferisco, quello che racconta l'America di frontiera in modo grottesco. La sua scrittura è coinvolgente come sempre: si sente la sabbia che ti sbatte in faccia, le cavallette che ti montano sulla schiena e la fame che ti attanaglia le budella. Fortemente consigliato.
Buona lettura.
bravo gobbo !!
RispondiEliminase aspettiamo il "direttore artistico" stiamo freschi con tutti questi blogs
;-))
che tra parentesi dovrebbe piacergli e non poco .. a chi sappiamo disperso
RispondiElimina:-P
è stato lui a farmelo conoscere ... ;)
RispondiEliminalui chi??
RispondiElimina;-))
carca celentano ... :D
RispondiEliminaBravo gobbo. Gran bel libro, e pezzo d'autore.
RispondiEliminase ne hai qualcuno che non ho recensito fallo ... sarebbe gradito ... ;)
RispondiEliminaLansdale quando fa il cantore del vecchio texsas piace molto anche a me. a trovargli un difetto alla lunga risulta un po' ripetitivo, ma la sua prosa è talmente buona da mascherare trame spesso esili
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